La gravidanza in donne con IBD è un tema molto delicato; infatti, i medici devono fornire le giuste informazioni alle pazienti che desiderano un figlio. Da un recente studio condotto attraverso un questionario – il Crohn's and Colitis Pregnancy Knowledge (CCPKnow) – è emerso che quasi la metà delle 145 donne che ha risposto alle domande mostrava una scarsa conoscenza sul tema della gravidanza e delle criticità correlate alle IBD1. Infatti, molte donne decidono di non avere un figlio per paure collegate alla loro malattia1:
Questo porta non solo a un aumento delle donne che decidono di non avere figli solo ed esclusivamente per via della loro malattia, ma anche – in caso di gravidanza – a un’interruzione dei farmaci per paura dei rischi connessi alla loro assunzione1.
È importante che le donne prendano la loro decisione in consapevolezza, senza farsi guidare dalla paura della malattia. È bene che conoscano i rischi reali e che vengano tranquillizzate in caso di dubbi.
Vediamo ora come le IBD possono influenzare il percorso dal concepimento al parto.
Una delle prime preoccupazioni di una donna con IBD che desidera avere figli è sicuramente connessa con la fertilità e la paura di non riuscire a restare incinta a causa della malattia. Medici e ricercatori hanno visto che la fertilità delle donne con IBD risulta invariata rispetto alle donne senza patologia2,3: in caso ci fossero problemi di fertilità, questi non sono strettamente legati alla malattia né al trattamento farmacologico e andrebbero discussi approfonditamente con il medico.
Ciò che è importante considerare, tuttavia, è la fase della malattia nella quale ci si trova. La fase di riacutizzazione dei sintomi può in generale ridurre la fertilità, rendendo più difficile il concepimento2.
Per questo i medici consigliano di pianificare una gravidanza durante la fase di remissione dei sintomi3.
Le donne con IBD in gravidanza, così come le donne incinte sane, devono ricevere un adeguato supporto: controllo del peso e dell’alimentazione, controllo degli indici di crescita fetale, eventuali integrazioni di vitamine e minerali1,2. In caso di IBD in fase di riacutizzazione, è importante soprattutto controllare il peso della donna: un peso inadeguato è infatti associato a un aumento del rischio di avere un bambino con basso peso alla nascita rispetto alle donne senza IBD3.
Inoltre, è necessario seguire l’andamento della malattia, tenendo controllati i marcatori dell’infiammazione presenti nel sangue, come la proteina C-reattiva (PCR) e la Velocità di Sedimentazione dei globuli rossi (VES)3 .
Le donne in gravidanza non sono più a rischio di riacutizzazioni della malattia, anzi alcuni studi hanno evidenziato che l’attività della malattia può diminuire leggermente durante la gravidanza e dopo il parto2. Ci sono pochi dati sulla gravità delle riacutizzazioni e sull'efficacia del trattamento nelle pazienti in gravidanza rispetto a quelle non gravide e non sembrano esserci differenze2,3.
Cosa dicono i dati sugli esiti della gravidanza?2
Secondo uno studio recente, i tassi di parto pretermine e di basso peso alla nascita sono il doppio nelle pazienti con IBD rispetto alle donne senza IBD – indipendentemente dall’attività di malattia – e il tasso di taglio cesareo è aumentato del 50%2.
Tra gli argomenti di discussione con la propria ginecologa o ginecologo, è bene affrontare fin da subito il discorso relativo al tipo di parto, analizzando rischi e benefici per madre e bambino del parto vaginale naturale e del parto cesareo. La maggior parte delle donne con IBD può partorire con parto vaginale, in base alle necessità ostetriche, senza che la patologia influisca sulle dinamiche del parto. La modalità del parto dipenderà da quanti parti ha già sostenuto la donna, dalle dimensioni del bambino, dall’eventuale posizione podalica o dalla durata del travaglio. Inoltre, si è visto che con il parto vaginale naturale, le donne con IBD vanno incontro a meno complicanze rispetto al parto cesareo e possono evitare un intervento chirurgico addominale.
Subito dopo la nascita del bambino, le donne con IBD devono essere informate sull’importanza dell’utilizzo dei farmaci e sulla loro sicurezza durante l’allattamento al seno. L’andamento della malattia va monitorato ed è importante tenere sotto controllo anche la salute mentale ed eventuali segnali di depressione post partum vanno subito segnalati al proprio medico.
I farmaci per le IBD possono essere a basso rischio, a rischio moderato o ad alto rischio per il feto; non esiste un farmaco a rischio zero. In caso di IBD e gravidanza o pianificazione di una gravidanza, si consiglia di comunicarlo al medico, in modo che si possa valutare il profilo di rischio del proprio trattamento e personalizzarlo affinché sia sicuro per mamma e bambino.
Interrompere un trattamento potrebbe essere rischioso per le riacutizzazioni, soprattutto se grazie ai farmaci la malattia è controllata: la fase attiva durante la gravidanza implica un aumento di probabilità che il bambino abbia un basso peso alla nascita o che nasca pretermine.
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